L'Almanacco Bibliografico
di Giancarlo Petrella, L'Almanacco Bibliografico, n. 17 marzo 2011
Il vol. curato da Rosa Marisa Borraccini, già co-curatrice, assieme a Roberto Rusconi, degli atti del convegno internazionale Libri, biblioteche e cultura degli Ordini regolari nell'Italia moderna attraverso la documentazione della Congregazione dell'Indice (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2006, «AB» 003-A), si impone non solo per la mole (oltre 500 pagine), ma soprattutto per la ricchezza e densità dei saggi raccolti, che contribuiscono a farne uno dei contributi più ragguardevoli editi negli ultimi anni in Italia sulla storia delle biblioteche. Da quel convegno occorre in effetti ripartire, come confessa la stessa curatrice nell'introduzione (p. XV). In conclusione del convegno del 2006 che aveva fatto il punto sui risultati del Progetto di Ricerca sull'Inchiesta della Congregazione dell'Indice dei libri proibiti (RICI) promosso e coordinato da Roberto Rusconi, si poneva con altrettanta forza una domanda: «dove sono finiti quei libri recensiti nelle librariae comuni o nei presìdi in uso dei singoli religiosi di conventi e monasteri sul declinare del secolo XVI e agli inizi del XVII?». Il volume si pone perciò come risposta, per quanto parziale e destinata a nuovi approfondimenti in molteplici direzioni, a quella domanda. A partire dunque dalla trascrizione degli inventari tràditi dai codici Vaticani latini 11266-11326, che trasmettono la fisionomia di moltissime biblioteche religiose a cavallo dei secoli XVI e XVII, si è proceduto oltre, superando l'immagine statica delle biblioteche così come fornita dai risultati dell'inchiesta per spostare l'attenzione sui secoli successivi, seguendone lo sviluppo fino alla dispersione in epoca moderna. L'interesse del gruppo di lavoro RICI si è perciò spostato dalla storia delle biblioteche in un determinato momento a quella degli esemplari e del loro destino, o, per usare le parole di Luigi Balsamo, al ciclo d'uso del libro. Dal punto di vista metodologico, come lucidamente espresso da Rosa Marisa Borraccini (p. XVI), «si è inteso applicare la metodologia delle provenienze, precorsa in Italia da Marielisa Rossi, operando però un rovesciamento della prospettiva d'indagine, procedendo cioè non a ritroso dagli esemplari alla/e raccolta/e da cui provengono ma, viceversa, dalle notitiae librorum degli inventari vaticani agli esemplari reali in essi registrati». Il tema è dunque quello dei postillati e delle provenienze, una delle più innovative frontiere della storia del libro, che negli ultimi decenni si è imposto all'attenzione non solo degli studiosi, ma anche del settore della catalogazione con l'elaborazione di apposite procedure di rilevamento e registrazione (si veda il recente K. CESTELLI – A. GONZO, Provenienze. Metodologia di rilevamento, descrizione e indicizzazione per il materiale bibliografico. Documentazione elaborata dal Gruppo di lavoro sulle provenienze coordinato dalla Regione Toscana e dalla Provincia auto-noma di Trento, Trento, Provincia autonoma – Soprintendenza per i beni librari e archivistici – Firenze, Regione Toscana, 2009, «AB» 012-190) e la riflessione sulla gestione dei dati così raccolti in sede di banche dati informatiche (l'argomento è affrontato con ampia e aggiornata casistica nel contributo di Rosaria Maria Servello, «Habent sua fata libelli». Testimonianze di provenienza e pos-sessori nei fondi librari, pp. 61-122). L'interesse per la singola copia era d'altronde già insito nel progetto RICI, la cui banca dati prevedeva fin dall'inizio uno specifico campo nel quale segnalare la collocazione attuale dell'esemplare registrato nella fonte documentaria. Le liste trasmesse dai codici vaticani costituiscono la documentazione di partenza per indagini nei fondi antichi delle biblioteche moderne, al fine di individuare quegli esemplari che note di possesso, ex libris, note di provenienza e altri segni apposti nelle «periferie del libro» in quanto oggetto materiale, possano essere ricondotti con sicurezza all‟originaria biblioteca. L'obiettivo dei 18 contributi riuniti nel volume è duplice: da un lato seguire l'evoluzione di alcune biblioteche fino alla loro dispersione napoleonica e post-unitaria, dall'altro ricomporne per certi versi i disiecta membra, rintracciandone le tessere disperse nei fondi antichi delle bibliote-che moderne attraverso l'uso combinato di due approcci metodologici nient'affatto alternativi (quello documentario-inventariale e quello basato sui marks in books). Solo così il fondo antico di una biblioteca cessa di essere una raccolta confusa e indefinita, per recuperare invece una propria dimensione stratificata nella quale devono essere individuate e riconosciute tessere di organismi bibliotecari preesistenti. I contributi offrono un ampio e articolato ventaglio di casi concreti, sia dal punto di vista delle famiglie religiose affrontate (Minori Osservanti, Osservanti Riformati, Cappuccini, Terziari, Caracciolini, Carmelitani, Agostiniani, Serviti, Eremiti del beato Pietro, Chierici Regolari di Somasca, Benedettini Cassinesi, Verginiani, Olivetani) sia dal punto di vista della co-pertura geografica. Geograficamente infatti il volume (e questo è certamente un altro punto di forza dell'ndagine condotta) si muove dai libri dei Minori Osservanti di S. Giacomo di Savona e degli Olivetani di Santa Maria di Pia a Finalpia nel Savonese oggetto del saggio di Romilda Saggini (pp. 435-445) ad alcune istituzioni bibliotecarie siciliane, con i contributi di Domenico Ciccarello ed Elena Scrima. Il primo è un affondo fra gli scaffali della Fardelliana di Trapani, di cui si delineano alcune provenienze anche extrasiciliane (ad esempio dal convento di S. Barnaba di Brescia, su cui si veda L'amore dello studio e il desiderio di Dio. Libri di lettura dai monasteri bresciani, a cura di ENNIO FERRAGLIO – LUIGI RADASSAO, Roccafranca (Brescia), Compagnia della Stampa – Massetti Rodella, 2010, «AB» 015-014). Il secondo saggio delinea invece la parabola di accrescimento e devoluzione della libraria dei Cappuccini di Mistretta nel Messinese, ben documentata da due inventari distanziati di circa tre secoli: quello stilato a fine Cinquecento su richiesta della Congregazione dell‟Indice e un altro compilato nel 1884 in concomitanza con l'incameramento dei volumi claustrali. Nell'impossibilità di fare qui anche solo cenno a tutti i saggi raccolti, si segnala il caso interessante esposto da Rosa Marisa Borraccini (pp. 155-178). Riguarda i volumi un tempo appartenuti agli agostiniani di S. Lucia di Cingoli nelle Marche di cui il Consiglio Comunale nel 1869 chiese la devoluzione per destinarli alla Accademia degli Incolti per poi trasferirli, dopo il rifiuto dell'Accademia, presso la Biblioteca Comunale di Macerata, dove è possibile individuare pochi e occasionali frammenti «del mosaico librario frantumato dei conventi cingolani». Esulano dai casi librari concreti, e ne costituiscono per certi versi una premessa, il contributo che apre la raccolta di Roberto Rusconi dedicato alla presenza di manoscritti nelle biblioteche religiose coinvolte nella Inchiesta della Congregazione (pp. 1-26) e il successivo di Margherita Breccia Fratadocchi (pp. 27-59) che illustra il fondo Antichi Cataloghi della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma formato da 57 manoscritti, in gran parte cataloghi di antiche biblioteche conventuali. Sarebbe importante che tutte le biblioteche italiane si movessero in questa direzione, facendo luce sulla presenza fra i loro fondi di cataloghi e inventari di biblioteche private o conventuali, spesso redatti in concomitanza con l‟ingresso dei volumi dopo le soppressioni postunitarie (segnalo qui ad esempio il caso di tre cataloghi inventariali di tre conventi bresciani redatti in occasione del trasferimento del materiale presso la Biblioteca Civica oggi conservati nell'Archivio Storico della Biblioteca Queriniana di Brescia).;
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