Rivista di storia del diritto italiano
29/09/2016
di Elisabetta Fiocchi Malaspinaanno, LXXXV, vol. LXXXV, Rivista di storia del diritto italiano Fondazione Sergio Mochi Onory per la storia del diritto italiano, Roma, 2012, Bollettino Bibliografico, pp. 492-495

Il volume è il frutto di una intensa ricerca svolta nell’ambito del Prin (progetto di ricerca di Interesse Nazionale) con la collaborazione delle Università di Macerata (quale unità di coordinamento), di Siena, di Padova e dell’Insubria Varese-Como.
Al centro dell’indagine vi sono regolamenti, decreti e circolari studiati nella loro dimensione costituzionale con particolare riguardo al ruolo che ebbero nella sfera politica e in quella amministrativa dall’Italia preunitaria sino ad arrivare al Novecento. Il punto di partenza è la riflessione di Francesco Carrara che inquadrava le circolari e le «perpetue appendici e codicilli alle leggi italiane» come una fonte marginale e segnalava in esse «un punto di crisi dell’ordine liberale, che, in settori decisivi della vita nazionale, faceva a meno della «legge», del suo primato politico e ideologico».
Le «fonti terziarie» produssero, attraverso il governo delle amministrazioni, delle vere e proprie «zone grigie» che portarono alla frammentazione del principio di legalità. L’utilizzo di esse è documentato in moltissimi ambiti del diritto quali quello amministrativo, costituzionale, internazionale, del lavoro, penale e per l’ordinamento giudiziario. Tali fonti si ponevano come un efficace veicolo di mediazione tra centro e periferia, arrivando persino a sostituire la legge.
Il volume è diviso in quattro parti all’interno delle quali i singoli contribuiti affrontano i diversi aspetti dell’utilizzo delle circolari, regolamenti e decreti, facendo emergere come la scelta del loro impiego fosse non tanto dovuta a causa della debolezza della legge, quanto «una strategia consapevole, volta a trasferire altrove il momento della specializzazione in una sorta di cono d’ombra tra sfera politico normativa e sfera politico amministrativa».
La prima parte intitolata Il sistema delle fonti e le "zone grigie" del sistema prende in considerazione l’attività interna dello stato per la produzione normativa come importante fonte per la ricostruzione storica tanto del diritto amministrativo quanto della storia delle forme di Stato e di governo (Giulio Cianferotti), ma anche il silenzio della Pubblica Amministrazione, soffermandosi sul modello elaborato del Consiglio di Stato del "silenzio-rigetto" e "silenziorifiuto", sino ad arrivare all’elaborazione nel secondo dopoguerra del "silenzioinadempimento" (Marco Pastorelli). Inoltre viene illustrato l’orientamento della giurisprudenza sull’utilizzo delle circolari dall’Unità d’Italia alla caduta del fascismo, attraverso le posizioni della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, che in più di una occasione affermarono l’efficacia meramente interna della circolare, negando che la sua violazione costituisse un’ipotesi di violazione di legge (Alessandra Fusco). Le dinamiche e i modi di agire del movimento fascista sono oggetto di studio in relazione alle circolari antiebraiche che ebbero pesanti ripercussioni sulla sfera patrimoniale e sulla vita professionale e affettiva degli ebrei italiani (Elisabetta D’Amico). Anche il diritto internazionale non è estraneo all’utilizzo di fonti di provenienza amministrativa che costituiscono, insieme alle attività squisitamente politiche e burocratiche, la "contrattazione secondaria" nell’universo internazionalistico (Laura Passero).
Nella seconda parte, Tra unità e pluralismo, l’indagine si sofferma sulle principali norme di organizzazione e di azione che vennero emanate nel Lombardo Veneto per province venete in materia di sanità animale (Silvia Gasparini); sull’emanazione di una serie di regi decreti rivolti, a seguito dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia, ai regi commissari per l’unificazione delle "provincie venete" (Claudio Carcerieri de Prati); sulle circolari Ministeriali di materia ecclesiastica che tra il 1860 e il 1870 avevano ad oggetto i delicati rapporti con la Chiesa, tra i quali spiccavano la Questione Romana, l’attuazione del matrimonio civile ma anche la soppressione delle Corporazioni religiose (Chiara Valsecchi) e sui rapporti tra Chiesa e le circolari fasciste dopo la firma dei Patti Lateranensi, con particolare riguardo all’attività di controllo sulle organizzazioni cattoliche giovanili svolta dal regime fascista (Roberto Isotton). In questa sezione vengono altresì presentate le relazioni tra il governo centrale britannico e il governo locale irlandese, prendendo in esame molte fonti archivistiche come la corrispondenza tra il Ministero degli Interni inglese e i membri del governo nordirlandese (Antonella Bettoni).
Nella terza parte del volume, Governare il diritto penale, sono analizzate le diverse realtà italiane in relazione alla complessa materia del diritto penale: per quanto riguarda lo Stato Pontificio oggetto di riflessione sono le diverse circolari emanate dalla Segreteria di Stato soprattutto a partire dal 1831, che da meri strumenti amministrativi assunsero la funzione di legge (Ninfa Contigiani). Con l’Unità d’Italia si sentì forte l’esigenza di delimitare i confini tra crimine e follia e, contestualmente con l’utilizzo di decreti ministeriali, si affrontò il problema della creazione dei manicomi criminali e poi giudiziari (Floriana Colao); allo stesso modo molta attenzione fu rivolta alla delinquenza minorile: attraverso una circolare ministeriale fu istituita una sezione specializzata dei tribunali rivolta ai casi in cui l’imputato fosse minore (Erika Daggunagher). Tuttavia, oltre alle questioni legate ai manicomi e alla deliquenza minorile, l’indagine si sofferma sulla repressione del dissenso anarchico e socialista alla luce dell’esperienza francese e italiana alla fine del XIX secolo (Marco Meccarelli). In questa parte del testo viene altresì ricostruito il diritto di associazione partendo dalle circolari e soffermandosi sulle Istruzioni di Ricasoli del 1867 e sulla politica attuata durante il governo di Giolitti (Paolo Passaniti).
L’ultima parte intitolata Governare la giustizia vede, invece, come protagonista il binomio tra circolari e i soggetti addetti alla giustizia: la professione forense nel Regno Lombardo-Veneto era disciplinata dai decreti del Senato che integravano, quali fonti secondarie, il regolamento generale per il processo civile del 1815 (Raffaella Bianchi Riva); inoltre la magistratura e i rapporti con il potere esecutivo vengono analizzati sia per il periodo compreso tra il 1848 e il 1908 in relazione alle circolari emanate dall’esecutivo per sopperire all’imprecisa legislazione sullo status e la carriera dei magistrati (Cristina Danusso), sia durante il periodo fascista con particolare riguardo alle leggi e istruzioni che mettevano a rischio l’indipendenza dei giudici (Claudia Storti); infine è preso in considerazione l’istituto della grazia «che si colloca al crocevia di poteri e delle funzioni dello stato» e veniva esercitato anche dalle circolari ministeriali che non solo contenevano gli ordini del guardasigilli ma anche le soluzioni adottate nei diversi contesti del Regno (Monica Stronati).
Concludendo con le parole dei curatori «il presente volume vuol essere anche un contributo a ripensare la stessa categoria storiografica «gerarchia» delle fonti, che forse può lasciare il posto alla rappresentazione, più vicina alla realtà, di un «sistema», che proprio nella «zona grigia» e nella frammentazione dei “livelli” di legalità, volle la leva della politica del diritto nazionale, in una logica che pare andare oltre l’Otto e il Novecento».;

Riferito a

Perpetue appendici e codicilli alle leggi italiane

Le circolari ministeriali, il potere regolamentare e la politica del diritto in Italia tra Otto e Novecento

Colao Floriana, Lacchè Luigi, Storti Claudia, Valsecchi Chiara (a cura di)
Anno: 2011