Rivista di storia della Chiesa in Italia
di Marzia Giuliani, 1, 2013, pp. 242-246
Due articoli, pubblicati nella rivista internazionale «History of Education & Children’s Literature», rispettivamente nel 2006 (La genesi dei Tre Libri dell’educatione christiana dei figliuoli di Silvio Antoniano nei carteggi del card. Carlo Borromeo, 313-49) e nel 2010 (The library of card. Silvio Antoniano between studia humanitatis and ecclesiastical culture, 19-77), hanno anticipato i temi principali su cui vertono i due importanti studi monografici che Patrizi ha dedicato, a un solo anno di distanza l’uno dall’altro, al cardinale Silvio Antoniano: è del 2010 la ponderosa biografia in tre volumi, completata, nel 2011, dall’edizione critica dell’inventario della 'libraria' personale dell’Antoniano, da lui donata per lascito testamentario alla Vallicelliana di Roma nel 1603. All’origine della non comune impresa è il desiderio di arrivare a una comprensione più profonda del trattato educativo dei Tre libri dell’educatione christiana dei figliuoli (1584): il terzo tomo della monografia offre, con il corredo dell’indice scritturistico e di quello degli autori citati, l’edizione commentata dell’opera, che ha fatto guadagnare al suo autore l’appellativo, coniato dallo storico Vittorio Frajese, di «educatore della controriforma» (Silvio Antoniano, 9). Revocando in dubbio la densità interpretativa delle categorie storiografiche più comunemente adottate in sede scientifica per spiegare le dinamiche fra stato e chiesa nel corso del travagliato sedicesimo secolo, quali controriforma, confessionalizzazione e disciplinamento, e concedendo una apertura di credito alla ipotesi più duttile di un rinnovamento cattolico, di una renovatio Ecclesiae, Patrizi ha proposto una rilettura del contributo offerto dall’Antoniano «come umanista e come educatore nella chiesa e nella societas christiana del suo tempo» (Silvio Antoniano, 17). La ricerca si basa su ampie indagini d’archivio, i cui risultati si leggono nel secondo volume della biografia, ove è pubblicato, con corredo di note esplicativo, il carteggio del prelato, che la studiosa dispone in ordine cronologico, dividendo l’epistolario in cinque ambiti tematici corrispondenti ad altrettante fasi della vita dell’autore.
Il periodo formativo affonda le sue radici nella città natale dell’Antoniano, Roma, dove il giovane ebbe la possibilità di nutrirsi della lezione rinascimentale di Annibal Caro, dimostrando da subito quella innata capacità di recitare versi 'all’impronta', che gli valse il soprannome di 'Poetino'. La corte estense di Ercole II, frequentata dal 1555 al 1559, offrì un luogo proficuo per la crescita umana e professionale dell’aspirante letterato che si addottorò in utroque iure nel 1557 e assunse l’insegnamento di belle lettere presso lo studio di Ferrara, intessendo relazioni significative con gli umanisti presenti in città (Giovan Battista Pigni e Bartolomeo Ricci).
La morte di Ercole II e il conseguente rientro a Roma nel 1560 (nonostante le profferte ricevute dagli eredi estensi) segnarono un punto di non ritorno nel percorso umano di Antoniano. L’ingresso nella segreteria apostolica di Pio IV, lungi dal ridursi a occasione privilegiata per una brillante carriera personale, si caratterizzò come scelta di servizio sempre più consapevole alle istanze religiose e spirituali della chiesa del suo tempo. Al pari di altri umanisti suoi contemporanei, alcuni anche destinati a divenire suoi amici, come Giovan Battista Amalteo, il Poetino ebbe a mettere la propria raffinata erudizione tardo rinascimentale a servizio dell’impresa di renovatio Ecclesiae che la curia romana stava portando avanti negli anni dell’assise tridentina in difesa dell’ortodossia contro il diffondersi delle tesi protestanti. Decisivo risultò il rapporto con Carlo Borromeo che Antoniano servì dapprima a Roma come nipote di Pio IV, incaricato di seguire gli affari del Concilio di Trento, poi come arcivescovo di Milano, in prima linea nella attuazione delle riforme decise dai padri conciliari. La Patrizi sottolinea come la collaborazione con l’alto prelato si fece ben presto condivisione di un analogo orizzonte culturale e spirituale soprattutto grazie alla «scuola delle Notti Vaticane» (Silvio Antoniano, 67): partecipando, con il nome di Risoluto, all’Accademia voluta da Carlo, il Poetino ebbe l’opportunità di maturare una convinta adesione all’universo religioso borromaico in dialogo con gli altri accademici, fra cui predilesse Agostino Valier, che rappresentò per lui una figura importante di riferimento. Questa maturazione si svolse, secondo Patrizi, senza ipocrisie o traumatiche rotture con un passato di studi letterari, ancora di pieno sapore rinascimentale, che trovarono nella fucina sperimentale delle Notti Vaticane non la loro 'sconfessione', quanto piuttosto il loro inaspettato inveramento: quando l’amico Gabriele Faerno mise a punto, rispettivamente nel 1563 e nel 1565, la traduzione delle Fabulae di Esopo e l’edizione delle Comoediae di Terenzio, il Poetino non esitò a sottoscriverne la prefazione con dedica rivolta a Carlo Borromeo. Al suo seguito, nel 1565, Antoniano si trasferì provvisoriamente a Milano in qualità di segretario e qui ebbe modo «così di assorbire lettera dopo lettera l’alfabeto della riforma, ridotto nel linguaggio svelto e chiaro delle disposizioni borromaiche» (Silvio Antoniano, 86): fu lui a redigere l’Edictum generale de concilio provinciali primo e ad occuparsi della stesura dei decreti del concilio milanese.
Rientrato a Roma insieme all’arcivescovo, che nel marzo del 1566 aveva partecipato al conclave per l’elezione di Pio V, il Poetino scelse di non più tornare a Milano. Non sono chiari i motivi di questa scelta, forse di ordine familiare, ma è certo che essa non si configurò come una rottura rispetto al cammino fino ad allora percorso, perché il Borromeo continuò a valersi dell’opera di Antoniano presso la curia papale per questioni riguardanti la chiesa milanese, e la ricerca spirituale di Antoniano non fece che approfondirsi negli anni romani, avvalendosi degli apporti complementari dei padri filippini della Vallicella e dei gesuiti del Collegio Romano. Pur non entrando mai a far parte degli oratoriani, il Poetino divenne assiduo frequentatore dell’oratorio di Filippo Neri, come attesta lo scritto Philippus sive de laetitia christiana dell’amico Valier, che idealmente faceva dell’Antoniano uno degli interlocutori della conversazione spirituale messa in scena nel trattato. Nello stesso tempo il Poetino approfondiva il suo bagaglio teologico alla scuola del padre gesuita Pietro Parra e nel 1568 riceveva l’ordinazione sacerdotale, scegliendo di interrompere il suo insegnamento letterario alla Sapienza, cui lo aveva chiamato Pio IV sin dal 1563 e per il quale aveva accettato anche l’onere di vicerettore dell’università.
La sua perizia di latinista gli fruttò molto incarichi presso la curia papale, come oratore e soprattutto come segretario del collegio cardinalizio, carica che detenne dal 1568 al 1592. Antoniano godette particolarmente della stima di Clemente VIII, che, vicino all’ambiente oratoriano, prima lo nominò maestro di camera e segretario dei brevi, poi lo elevò alla dignità cardinalizia con il titolo di San Salvatore in Lauro e gli concesse il privilegio di vivere nei palazzi vaticani, dove risiedette fino alla sua morte nel 1603.
Contestualmente l’operato di Antoniano si distinse anche sul piano più specificamente culturale. Egli partecipò con Baronio e Sirleto alla commissione voluta da Gregorio XIII nel 1580 per la revisione del Martirologio romano e sue furono le dedicatorie iniziali dell’edizione ufficiale del 1586. Per Sisto V si occupò della revisione di alcune edizioni dei padri della Chiesa e progettò con Pietro Galesini l’elaborazione del programma iconografico della Biblioteca Sistina. Durante il pontificato di Clemente VIII Antoniano fu membro della congregazione dei riti, per la quale già aveva lavorato occupandosi della revisione del Breviario - con la realizzazione di alcuni inni -, della neonata congregazione dei beati e di quella dell’Indice, cui venne ascritto come cardinale solo dal 1600, ma alla quale aveva prestato la sua opera di consultore sin dal 1581.
La Patrizi ricostruisce l’importante ruolo di mediazione svolto da Antoniano per conto di Clemente VIII nella controversia tutta interna alla curia papale tra il tribunale del Sant’Uffizio e la congregazione preposta alla redazione dell’Indice dei libri proibiti. Il Poetino, con la stesura delle Oppositiones contra Indicem (1594) prima e dell’Observatio (1595) poi, si era fatto portavoce delle posizioni più moderate di Clemente VIII, che contro il parere del Sant’Uffizio si era espresso a favore del Talmud, della Bibbia in volgare e delle opere di Bodin. Questa mediazione rispondeva ai convincimenti profondi dell’Antoniano, che si esprimevano anche in tema di arte sacra. Quando il cardinal Paleotti nel suo De tollendis imaginum abusibus novissima consideratio (1596) si era pronunciato a favore dell’istituzione di un Indice per l’arte sacra, l’Antoniano aveva espresso un parere più moderato, proponendo di delegare agli ordinari diocesani gli interventi di controllo sulla produzione artistica.
Più in generale, Patrizi sembra riconoscere nella categoria della mediazione la cifra stessa cui ebbero a corrispondere l’impegno culturale e l’elaborazione letteraria dell’Antoniano, nonché la chiave interpretativa stessa per rileggere l’unica opera organica che l’autore abbia affidato alle stampe: i Tre libri dell’educatione christiana dei figliuoli. La genesi del testo è frutto di un lavoro di mediazione, il cui complesso farsi emerge con chiarezza nel carteggio intrattenuto con il Borromeo, che commissionò l’opera, Valier e il gesuita Francesco Adorno, che a vario titolo contribuirono alla revisione del testo e ne seguirono (il vescovo veronese in special modo) la pubblicazione a stampa, che si realizzò a Verona per i tipi di Sebastiano Delle Donne e Gerolamo Stringari. La riluttanza con la quale Antoniano accettò il compito, da lui ritenuto impari rispetto alle proprie forze, è inquadrata da Patrizi nel contesto di quella cautela che Valier scelse addirittura come titolo della propria autobiografia letteraria, il De cautione hadibenda in edendis libris, indirizzata in forma dialogica ad Antoniano stesso. La cautio era una scelta di modestia e di nascondimento, che poteva e in qualche modo doveva essere superata solo in nome dell’utilità dell’opera che si andava ad affidare alle stampe. Di questa utilità si fece garante il Borromeo in persona, che seguì ogni fase redazionale del testo, e questa utilità fu poi sperimentata 'sul campo' dall’Antoniano, che nel corso degli anni Novanta, e poi sino alla sua morte, si impegnò in prima persona nella promozione di iniziative di assistenza ed educazione dei giovani in difficoltà nella Roma aldobrandina: agì senz’altro la memoria dell’esempio borromaico nella promozione del conservatorio femminile di Santa Maria del Rifugio, per il quale nel 1595 Antoniano redasse di suo pugno (o almeno così sembra di capire, anche se Patrizi non affronta il tema dell’autografia dei manoscritti superstiti) le costituzioni.
I Tre libri si inscrivono nei trattati di institutio e per questo interessano a Patrizi, storica del pensiero pedagogico, che propone una analisi puntuale e diligente dei temi affrontati da Antoniano, correttamente partendo da una analisi delle fonti lette, meditate e rifuse dall’autore in sintesi originale. Emerge un coro polifonico di voci, nel quale gli antichi pagani sono convocati accanto ai padri della chiesa e il dettato umanistico dei trattati pedagogici rinascimentali è intessuto di citazioni scritturali.
Il modello di famiglia, delineato nella prima parte del trattato, guarda alla tradizione dell’economica classica, di cui riprende lo schema gerarchico di impostazione dei rapporti tra i familiari, e la rilegge alla luce della dottrina cristiana, senza vistose soluzioni di continuità: per quanto ripensato alla luce dell’esempio della Vergine e di alcune figure di santità al femminile, il ruolo della donna all’interno della economia domestica si gioca pur sempre nell’accudimento del marito e dei figli e nella custodia vigile delle figlie femmine. La recente riflessione teologica elaborata a Trento dai padri conciliari è resa accessibile in forma chiara al pubblico dei lettori, soprattutto per quanto riguardo il decreto Tametsi in materia di celebrazione del matrimonio. Particolare attenzione è posta nel mediare i nuovi provvedimenti del concilio con le pratiche consuetudinarie diffuse fra i credenti: si pensi al difficile equilibrio, sempre da rinegoziare, tra l’affermazione del libero consenso degli sposi, che fonda la validità del matrimonio tridentino, e la salvaguardia del controllo familiare sulla scelta del coniuge.
La seconda parte del trattato è rivolta ai padri di famiglia, cui è assegnato, in accordo con l’economica classica, il ruolo educativo principale nei confronti dei figli. Patrizi passa in rassegna i contenuti della dottrina cristiana oggetto di insegnamento, ovvero gli articoli del credo, i sacramenti, così come rielaborati a Trento, i dieci comandamenti e le preghiere cristiane, a partire dal Padre Nostro. Interessante è la sottolineatura del ruolo non secondario riconosciuto, entro questo discorso di pietà cristiana, alle buone maniere del galateo dellacasiano, strumenti di un’opera di disciplinamento dei costumi che Patrizi descrive come «un percorso di formazione finalizzato alla costruzione di un’identità in cui l’essere coincide con il dover essere, senza discrepanze o iati da colmare, in una condizione perfetta e totale di armonia» (Silvio Antoniano, 360).
Il discorso si approfondisce in rapporto alla terza ed ultima sezione del trattato, di taglio propriamente pedagogico, in quanto inerente i tempi e i modi dello sviluppo fisico, morale e intellettuale del bambino. Emerge in queste pagine, secondo Patrizi, una visione antropologica molto diversa da quella umanistica (Silvio Antoniano, 376), in quanto la fiducia nella innata tensione al bene dell’animo umano cede il passo a una più pessimistica considerazione circa la pericolosa inclinazione verso il peccato, che rende necessario l’esercizio di un controllo puntuale del proprio essere naturale. La disciplina, che si vuole insieme moderata e rigorosa, è necessaria per introiettare quelle norme di comportamento che generano nel tempo della crescita gli abiti virtuosi auspicati come dotazione propria dell’età adulta. Pur nel rispetto dei talenti vocazionali di ciascun fanciullo e dei diversi tempi di crescita, l’iter formativo è di necessità sottoposto a una serie di vincoli, che ineriscono ai contenuti del cursus studiorum, alla scelta delle letture più adatte ai discenti, nonché alle pratiche sociali di intrattenimento meno pericolose.
Le scelte culturali e spirituali, che l’autore prospetta come meta per i padri di famiglia impegnati nell’impresa educativa dei propri figli, rappresentano l’ideale da lui stesso perseguito nel cammino individuale di perfezione cristiana. L’insieme delle letture frequentate da Antoniano, quale è oggi possibile ricostruire attraverso l’inventario del lascito testamentario della sua 'libraria' ai Padri della Vallicella, è del tutto consonante con il ventaglio di proposte suggerite per l’educazione cristiana dei fanciulli. L’edizione dell’inventario, curata da Patrizi, che identifica tutti i testi censiti e li rende immediatamente 'interrogabili' dal lettore grazie all’allestimento di quattro diversi indici (degli autori e delle opere; degli editori, dei luoghi di stampa, cronologico), è perciò particolarmente importante per comprendere più a fondo la genesi culturale del trattato pedagogico. Nella biblioteca dell’Antoniano l’«utile et lodato libro christiano» («Del congiungere le gemme», 1), tanto raccomandato ai padri di famiglia, convive con l’«oro delle dottrine et l’argento dell’eloquenza antica» («Del congiungere le gemme», 29) e si apre ad accogliere la 'modernità' della lezione volgare, dal modello linguistico di Bembo ai già ricordati testi di buone maniere, a partire dall’archetipo di mons. Della Casa.
La valenza di questo modello culturale e la sua portata di lunga durata rappresentano temi urgenti dell’attuale dibattito storiografico, cui Patrizi offre, con la messe di informazioni sin qui allestita, un momento di sintesi, che mette a frutto molte delle linee interpretative avanzate nella più recente letteratura specializzata oggi disponibile.;
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