Enthymema
Di Alessio Cerreia Varale, Enthymema, XVII, 2017, pp. 323-326
A poca distanza dalla pubblicazione di Poetica storica della novella (2014) esce per i tipi eum, a cura di Massimo Bonafin e in traduzione di Laura Sestri, l’edizione italiana di uno degli ultimi lavori di Eleazar Moiseevič Meletinskij: O literaturnych archetipach.
Archetipi letterari si prefigge l’obiettivo di indagare in termini di tipologia le principali formazioni archetipiche, ricostruendo e mappando i rapporti di derivazione che tra queste intercorrono. A tal scopo, l’autore prende in considerazione testi letterari che provengono da mondi culturali diversi e lontani, al fine di verificare l’applicabilità delle categorie interpretative che propone.
Dal punto di vista della struttura, il testo si articola su due capitoli, ulteriormente scomposti dalla traduttrice in microsezioni tematiche. Il corpo del testo, nell’edizione italiana, è preceduto dalla Nota introduttiva del curatore ed è seguito da un utile indice dei nomi, che ospita una lista delle principali figure epiche e mitologiche di diverse culture (egizia, mesopotamica, slava, finnica, caucasica, siberiana, turca, mongola, indiana e cinese) utili ad agevolare la comprensione del testo e ad orientarsi intorno agli ampi orizzonti comparatistici.
La prima parte del volume si apre con un’esplicita dichiarazione di intenti:
L’argomento di questo studio è l’origine di quelle costanti della narrazione che hanno composto le unità di una determinata «lingua degli intrecci» della letteratura mondiale. Nei primi stadi dello sviluppo, questi schemi narrativi si distinguevano per un’eccezionale uniformità. Nelle fasi più tarde, invece, essi sono molto vari; un’attenta analisi, tuttavia, mostra che molti di questi schemi rappresentano in realtà un’originale trasformazione di elementi primitivi. Sarebbe in realtà opportuno definire questi elementi primitivi archetipi degli intrecci. (1)
Di queste righe sono due gli elementi che vanno presi in considerazione. Prima di tutto, l’obiettivo dichiarato dell’autore è quello di indagare i fondamenti della narrazione, per riuscire a comprendere l’universale linguaggio della letteratura. In secondo luogo, lo studio avverrà sull’asse della diacronia. In più, bisogna tener presente che se Jung e gli altri teorici citati parlando di archetipi «intendono anzitutto non gli intrecci, ma una selezione di figure chiave o di oggetti-simbolo, che generano diversi motivi» (12), per Meletinskij gli intrecci non sono sempre secondari (cioè dipendenti da personaggi archetipici), ma possono a loro volta combinarsi e dar vita a nuove entità o personaggi.
Esplicitate le intenzioni, Meletinskij presenta una rassegna delle principali teorie che hanno preso in esame gli archetipi. In particolare, si focalizza sulle teorie psicanalitiche di matrice junghiana e su quelle della scuola mitologico rituale (che ha partorito la raffinatissima critica archetipica di Northrop Frye). Da questi modelli lo studioso prende le mosse, per subito allontanarsene:
In generale, né le concezioni di Jung né quelle di Frye o di Bachelard-Durand possono essere accolte per via del loro riduzionismo psicologico e mitologico rituale, che porta ad una modernizzazione del mito arcaico e a un’arcaizzazione della letteratura di epoca moderna. (12)
Per evitare di cadere nel riduzionismo (psicologico o mitologico rituale), risulta dunque necessario svincolare gli archetipi dagli stringenti confini dell’inconscio collettivo e dalla forza centripeta delle istituzioni rituali, ricollocandoli entro la sfera sociale e culturale.
E proprio ai contesti sociali in grado di generare intrecci narrativi Meletinskij dedicherà ampio spazio di discussione. In particolare, tratterà dei riti di iniziazione, dell’uccisione dei capi anziani come avvicendamento generazionale, delle nozze e delle festività stagionali legate al risveglio della natura ecc. In più, lavorerà anche sul problema dei personaggi e sulle immagini ricorrenti nella letteratura. Nel primo caso, ricostruirà in termini tipologici le radici dell’archetipo dell’eroe e dell’antieroe. Nel secondo, prenderà in esame tutte quelle figure in grado di generare intrecci narrativi: atti di creazione, difesa del Cosmo dal Caos, lotta contro il drago ecc.
Nella seconda parte del volume, Meletinskij tenta di verificare la permanenza, la riattivazione e la trasformazione degli archetipi nelle opere degli scrittori russi del XIX e XX secolo. In particolare, si sofferma su cinque esponenti fondamentali: Aleksandr Sergeevič Puškin, Nikolaj Vasil'evič Gogol', Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Andrej Belyj e Lev Nikolàevič Tolstòj. Tra questi, maggiori attenzioni vengono riservate a Gogol' e Dostoevskij. Le opere del primo risultano straordinariamente ricche di motivi archetipici, compresi quelli mitologico-fantastici. Difatti, Gogol’ fa largo uso delle strutture dei generi arcaici (la fiaba di magia e di costume, la leggenda, l’epos eroico e il racconto soprannaturale), che si manifestano vistosamente sul piano dell’intreccio. In sintesi, se si analizza in maniera sequenziale il percorso creativo di Gogol’, è possibile, secondo Meletinskij, notare come esso riproduca a modo proprio «un percorso ontogenetico di trasformazione degli archetipi dal mito e dalla fiaba all’epos, e dall’epos alla vita sociale, alla novella e al romanzo di epoca moderna» (116). Gogol’ infatti
riduce in modo naturale il cosmico al sociale e all’individuale e, allo stesso tempo, individua la disgregazione della comunità epica degli uomini, non solo l’isolamento, ma anche l’estraneazione delle persone, rappresentata nella fase finale del piccolo uomo, vittima solitaria di una società fredda e spietata. (116)
Dostoevskij incomincia proprio dove Gogol’ si era fermato, rivitalizzando nuovi archetipi (a partire da quello fondamentale della lotta tra Cosmo e Caos), ma epurando le narrazioni dalle vesti mitologico fiabesche che caratterizzano le opere gogoliane. Infatti il grande romanziere
raffigurò sempre la condizione di lotta del bene contro il male, del cosmo (inteso da lui in senso cristallino) contro il caos (concentrato in disgregazione individualistica e borghese dell’unità popolare e perdita del suolo nazionale, non separato dalla fede religiosa), la condizione di lotta che ha luogo, inoltre, tanto nella famiglia quanto nella società e nell’animo dei suoi personaggi. (165)
Meletinskij rileva dunque la capacità della narrazione dostoevskiana di tracciare un’analisi della realtà russa in un momento di profonda frattura storico-sociale, toccando al contempo dimensioni cosmiche e universali e spingendo in tal modo alla rinascita di vecchi archetipi, carichi ora di ulteriore approfondimento.
Minor spazio di trattazione trovano invece Puškin, Belyj e Tolstoj. In Puškin lo studioso riscontra una generale tendenza alla demitologizzazione, mentre nel simbolismo di Belyj vede il coronamento di archetipi antichi, sebbene trasformati. Di Tolstoj l’autore esamina nello specifico Guerra e pace, cogliendovi una «demistificazione dell’eroismo personale dei così detti storici» e un generale «disconoscimento del loro ruolo». In questo modo, «l’eroe inteso proprio nel senso epico archetipico si trasforma, in Guerra e pace, in un autentico antieroe, e lo stesso romanzo, che si ama definire «romanzo-epopea», si trasforma in un certo senso, in un’anti-epopea». (188)
Per un’adeguata collocazione dell’opera, è utile ricordare che il lavoro di Meletinskij si colloca in una tradizione di studi specifica, quella veselovskoviana, che recepisce tramite il suo maestro diretto: Victor Maksimovič Žirmunskij (1891-1971). Come è noto, i lavori di Veselovskij sono orientati verso lo studio delle società primordiali, delle forme universali e delle protoforme del pensiero, dell’attività verbale e rituale dell’umanità, e proprio in questi termini Meletinskij tenterà di interpretare il testo letterario. In secondo luogo, come fa notare Massimo Bonafin nella Nota introduttiva, bisogna fare i conti con il termine archetipo, che presenta alcune difficoltà sostanziali «intanto dovute al diverso spettro semantico che ha la parola nella lingua d’origine e in quella di arrivo» e poi «anche all’eco di interpretazioni e discussioni che hanno attraversato la storia della critica letteraria e le teorie della letteratura e della cultura nel XX secolo». (VII) In terzo luogo, bisogna tener presente che Meletinskij, con questa ricerca, cerca di inserirsi in un dibattito già ben avviato, che sicuramente parte da Jung, ma che coinvolge studiosi di diversa provenienza (per esempio Charles Baudouin o Amy Maud Bodkin). In più, come sottolinea Bonafin in un altro suo recente saggio (Materiali per un dialogo postumo tra Northrop Frye e Michail M. Bachtin) potrebbe tranquillamente entrare in relazione dialettica con la critica occidentale. Quindi, risulta necessario leggere Archetipi letterari come se fosse una voce in dialogo con altre voci, magari non direttamente rievocate, ma certamente in relazione dialogica per temi e questioni.
Sottolineiamo infine l’efficacia dello stile argomentativo di questo lavoro che integra doviziose e puntuali analisi su specifici episodi letterari alle più generali riflessioni teoriche, dimostrando concretamente l’applicabilità euristica su materiali individuali delle ipotesi di ampio respiro, unendo insomma virtuosamente, per dirla in termini vichiani, filologia e filosofia.
Bibliografia
Bonafin, Massimo. “Materiali per un dialogo postumo tra Northrop Frye e Michail M. Bachtin”. L’immagine riflessa. Testi, società, culture XXVI (gennaio-dicembre 2016). Stampa.
---. Nota introduttiva. Poetica storica della novella. Di Eleazar Meletinskij. Ed. Massimo Bonafin. Trad. Laura Sestri. Macerata: eum, 2014. I-XXII. Stampa.
---. “Rileggere Meletinskij e la poetica storica della novella”. Le forme e la storia 6 (2013): 19-26. Stampa.
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Jung, Carl Gustav. L’analisi dei sogni. Gli archetipi dell’inconscio. La sincronicità. Torino: Bollati Boringhieri, 2011. Stampa.
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---. Poetica storica della novella. Macerata: eum, 2014. Stampa.
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Vico, Giambattista. Principi di scienza nuova. Milano: Mondadori, 2011. Stampa.
http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema
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Riferito a
Archetipi letterari
Meletinskij Eleazar Moiseevič, Bonafin Massimo (ed. it. a cura di)
Year: 2016
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