Annali di Storia delle Università Italiane
23/06/2017
di Simona Salustri, Annali di Storia delle Università Italiane, anno XXI, n. 21, 1/2017, pp. 227-229

Viene pubblicato per il Centro di documentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico e della letteratura per l'infanzia, nella collana Biblioteca di "History of Education and Children's Literature» diretta da Roberto Sani e Anna Ascenzi, un altro bel volume di Luigiaurelio Pomante.
L’autore si occupa nel caso specifico della storia della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci) dalle sue origini fino al 1968. Già dall'indice ci troviamo di fronte a date periodizzanti, avvenimenti e nomi che hanno segnato la storia dell'organizzazione cattolica e più in generale del nostro Paese. Che non si tratti però di una ricostruzione sulla scia dei più tradizionali studi sulla Fuci - come non citare Maria Cristina Giuntella o Renato Moro - è evidente sin dal titolo scelto dall'autore, che richiama un importante discorso tenuto in occasione del sessantesimo anniversario della Federazione dall'ex presidente nazionale, allora ministro di Grazia e giustizia, Aldo Moro.
Grazie ad un'attenta ricerca d'archivio Pomante incentra il suo lavoro sulle scelte in materia di istruzione superiore e di politica universitaria intraprese dalla Fuci sin dal 1896, anno della sua fondazione, e sposta il focus della ricerca su un terreno meno esplorato dalla storiografia.
Sono almeno due i momenti storici sui quali vale la pena soffermarci per meglio comprendere la novità di questo approccio.
Il primo periodo risale agli anni del fascismo, non a caso definiti dall'autore gli «anni del consenso», durante i quali la Fuci dovette affrontare diverse crisi interne dovute essenzialmente ai contraddittori legami instaurati con il regime. Lo scontro con i Gruppi universitari fascisti e l'allora debolezza dell'associazione cattolica sono dimostrati dal tentativo di portare avanti «una tranquilla convivenza con il regime» (p. 175). L’oggettiva difficoltà di mantenere una certa autonomia divenne ancor più evidente con lo scoppio della guerra di Etiopia, alla quale concorse una generale mobilitazione anche dei giovani e alla quale la Fuci dovette adeguarsi, come era auspicato da molti suoi iscritti, nonostante la sua contrarietà di principio. Tra i cattolici lo slancio militarista venne giustificato con l'amor di patria cui erano stati educati i giovani anche all'interno del mondo cattolico; si trovava così la perfetta sintonia tra spirito cristiano e fascismo. Fu, nel 1939, l'elezione di Aldo Moro alla presidenza della Fuci ad imprimere un importante cambiamento nei rapporti tra associazionismo universitario cattolico e regime fascista. Il nuovo presidente, che rimase in carica fino al 1942, seppur cresciuto durante gli anni del regime, rappresentò una svolta rispetto al passato prossimo; l'apertura verso i maggiori filoni culturali del tempo offrì alla Fuci l'occasione di ridefinire la propria identità all'interno della moderna società di massa. Un'apertura letta come forma di distacco politico dal regime fascista e quindi criticata anche dalle gerarchie vaticane che spingevano per una maggiore clericalizzazione dell'Azione cattolica e una sua conseguente spoliticizzazione. L’azione di Moro si mosse proprio in questo delicato contesto culturale e politico lungo varie direttrici, tra cui l'allargamento dell'intervento della Federazione all'intero mondo universitario, indispensabile per non chiudersi in un settarismo confessionale o in un passivo distacco dagli obblighi morali che i cattolici dovevano rispettare. Nell'università alle soglie del secondo conflitto mondiale il presidente generale cercò in questo modo di tenere insieme il messaggio cristiano, rivolto sia agli studenti che ai docenti degli atenei italiani, e lo slancio bellicista tipico anche della gioventù fucina, sebbene la sua opera, come bene sottolinea Pomante sulla scia della lettura di Renato Moro, non possa essere interpretata all'insegna di una piena presa di coscienza antifascista e di un lungimirante sguardo sul futuro.
Il secondo periodo della Fuci che è rilevante considerare è quello relativo al convegno di studio che si tenne a Salerno nel 1948 sulla situazione universitaria italiana, segno evidente che l'interesse dei fucini per l'alta cultura poteva essere la strada migliore per riappropriarsi di un passato segnato dal periodo fascista e tornare in contatto con le giovani generazioni. Il convegno di Salerno, per il quale esistono molti documenti, prodotti durante i lavori preparatori, non gode di una pubblicazione specifica e l'autore, utilizzando le numerose e variegate fonti presenti, ci restituisce la centralità di questo incontro. Non si trattava, come veniva detto, di costruire una costituente universitaria cattolica, ma di affrontare a tutto tondo, anche grazie alla presenza di alcuni giovanissimi, l'esperienza dell'università italiana del dopoguerra; il materiale preparatorio venne quindi messo a disposizione degli studenti che vi presero parte. Pomante ci conduce nella lettura di questa mole di documenti dai quali emergono alcuni elementi molto interessanti sulla situazione non solo religiosa, ma anche politica, culturale ed economica degli studenti di oltre 20 sedi universitarie italiane. Nell'ottica cattolica le università venivano catalogate a seconda della loro vicinanza al modello spirituale fucino: all'anticlericalismo spietato dell'Università di Pavia facevano da contraltare ad esempio università come Cagliari, Camerino o Napoli. Mentre per quanto riguarda la componente studentesca le relazioni classificarono gli atenei in rapporto alle diverse tendenze politiche dell'associazionismo universitario. L’analisi fucina non si fermava però solo a questi aspetti; dall'indagine emergeva infatti anche il livello culturale delle singole sedi universitarie, si valutava la preparazione degli studenti come la loro affezione agli studi. Inoltre, l'ufficio per l'assistenza universitaria della Fuci presentò un'importante raccolta di dati relativi alle situazioni assistenziale ed economica degli studenti della Penisola. Da queste stime emergevano la difficile situazione economica vissuta dagli universitari nell'immediato dopoguerra e l'esigenza di migliorare sia le strutture di accoglienza, quali le case dello studente, sia le mense.
I molti aspetti scaturiti dall'analisi dei dati raccolti permisero l'articolazione del convegno in quattro sessioni con otto diversi interventi in ognuno dei quali venne analizzato un aspetto specifico della realtà universitaria. Più delle altre la relazione di Carlo Alfredo Moro mise in luce quelle che venivano ritenute le colpe dell'università, nella quale regnavano la confusione e il disagio poiché non si era riusciti a «trovare un ordinamento interno e di studi adatto ai bisogni del mondo d'oggi» (p. 266). La scarsa moralità dei professori, abbinata alla disorganizzazione, rendeva l'università italiana caotica e in forte crisi da un punto di vista strettamente morale. Si imputava alle università l'incapacità di distinguere tra un piano strettamente spirituale-religioso e una penetrazione ideologico-partitica che impediva ai cattolici di riprendere il loro istituto all'interno dell'alta cultura. A ciò corrispondeva un vuoto morale negli studenti che trovavano sempre più difficile rintracciare un ideale al quale conformarsi. Si auspicava quindi una maggiore collaborazione tra tutti gli studenti cattolici nell'intento di creare una vera e propria comunità universitaria priva di settarismi, in grado di favorire l'accesso dei cattolici meritevoli anche alla carriera universitaria. Anche secondo Piera Lado, presidentessa della sezione femminile della Fuci, la collaborazione tra studenti, estesa in alcuni casi anche ai docenti, sarebbe stata il primo passo al fine di contrastare la scarsa consapevolezza che gli stessi studenti avevano del mondo universitario e la loro incapacità di valutare pienamente le proprie attitudini e quindi di scegliere i corsi a loro più congeniali. Persino i docenti non venivano sottratti a pesanti critiche: ad essi veniva riconosciuta una degna preparazione culturale, ma erano manchevoli nel ruolo di insegnanti e maestri, capaci di intervenire su una formazione completa che non poteva escludere il piano morale. Dopo un intenso convegno, le giornate salernitane si chiusero con un'esortazione rivolta al mondo cattolico affinché l'opera della Fuci tornasse ad essere centrale nel ricostruire le basi sulle quali rifondare il ruolo dei cattolici all'interno delle università italiane e ridare spazio ad un'azione che non solo avrebbe dovuto incidere sulla risoluzione dei problemi universitari, ma avrebbe dovuto concorrere alla formazione della futura classe politica italiana.
I due momenti della storia della Fuci su cui ci siamo soffermati bene rappresentano l'interesse della Federazione verso i problemi universitari ed evidenziano l'importanza dell'approccio scelto per questa ricostruzione storica.
Chiudono il libro un'appendice documentaria, grazie alla quale è possibile leggere direttamente una serie di documenti utilizzati dall'autore, e l'elenco dei presidenti nazionali della Fuci per l'intero periodo preso in esame in questo ricco ed interessante volume.

https://www.mulino.it/riviste/issn/1127-8250;

Riferito a

«Fiducia nell’uomo e nell’intelligenza umana»

La Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) dalle origini al ’68

Pomante Luigiaurelio
Anno: 2015
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