Recensione di Salvador Spadaro, allievo della Scuola di Studi Superiori Giacomo Leopardi - Università di Macerata
Archetipi letterari è un testo scritto e originariamente pubblicato dal filologo ucraino Eleazar Moiseevič Meletinskij nel 1994 con il titolo di O literaturnych archetipach; l’edizione italiana, che ha per curatore Massimo Bonafin, già docente dell’Università di Macerata e ora professore ordinario di Filologia romanza all’Università di Genova e per traduttrice la dottoressa Laura Sestri, è stata pubblicata per i tipi di EUM con il sostegno del programma TRANSCRIPT, della Fondazione Mikhail Prokhorov, ventidue anni dopo.
Il libro si apre con un’articolata nota introduttiva del curatore che postula, prima ancora del contenuto dell’opera, le difficoltà che questa potrebbe causare al lettore, data la differenza dello spettro semantico relativo al termine “archetipo” nelle lingue di partenza e di arrivo. Dopo la breve presentazione delle tre discipline in cui si presenta più assiduamente il termine, quella filosofica, quella filologica e quella psicoanalitica, si ascrive a quest’ultimo filone l’accezione dalla quale Meletinskij prende le mosse per lo sviluppo della sua ricerca.
L’opera si bipartisce in due ampie sezioni, la prima delle quali, dal contenuto più teorico, segnala l’intento di indagare “l’origine di quelle costanti della narrazione che hanno composto le unità di una determinata lingua degli intrecci della letteratura mondiale”. Qui si afferma che queste erano, in un primo momento, estremamente omogenee, mentre in un periodo successivo le si ritrova molto più varie; questo cambiamento, tuttavia, non sarebbe che una trasformazione dei medesimi elementi primitivi. Su questi archetipi degli intrecci, come li definisce l’autore, si baserà dunque lo studio. A seguire, i suddetti elementi sono presentati in una serie di ventitré capitoli, la cui suddivisione è a cura della traduttrice. Si inizia con una disamina degli studi e dei pensatori che hanno in precedenza influenzato questo campo, ponendo in particolare risalto i risultati ottenuti da Carl Gustav Jung e dai suoi seguaci. Dell’analisi junghiana, in particolare, è dibattuto come i mitologemi archetipici siano immagini provenienti dall’esterno che rappresentano il rapporto tra conscio e inconscio, mentre per Meletinskij il motore dell’immaginazione mitologica sarebbe da ricercare altrettanto nella sfera socioculturale. Inoltre, aldilà di queste immagini non condivise nella loro interezza dall’autore, che rispetto al “bambino”, alla “madre”, al “vecchio saggio”, privilegia gli aspetti dinamici, qui si accoppiano ai personaggi i predicati loro riconducibili nello spazio degli intrecci narrativi. Una delle preoccupazioni principali dell’autore rimane comunque quella di emanciparsi dai limiti imposti dal riduzionismo dei suoi predecessori, che gli sembrano far coincidere l’esperienza letteraria con la materia psichica nel caso di Jung o con la ritualistica nel caso di Frye, spiegando così la sua lettura peculiare dei loro studi. Ed è attraverso questa chiave di lettura che si prosegue dunque con la serie di tratti analizzati da Meletinskij: la creazione del mondo, l’eroe culturale, l’antieroe, gli aiutanti e i molti altri presenti nel testo.
La seconda parte del volume, invece, mette in pratica quanto esposto nella precedente per indagare la trasformazione degli archetipi nella letteratura russa classica, in particolare Cosmo e Caos, eroe e antieroe. Meletinskij, partendo dal presupposto che gli autori russi tendono a trattare questioni sensibilmente più ampie legate alla visione del mondo rispetto agli autori europei, trova che questa ampiezza rispecchi meglio la dimensione mitologica dell’archetipo. I cinque autori indagati sono quindi Aleksandr Sergeevič Puškin; Nikolaj Vasil’evič Gogol’; Fëdor Michajlovič Dostoevskij; Andrej Belyj e Lev Nikolaevič Tolstoj. Maggiore attenzione, come testimonia anche il più alto numero di pagine a questi dedicate, è riservata in particolare a Gogol’ e Dostoevskij. Il procedimento che espone l’autore consiste in gran misura nel rilevare la “permanenza, la riattivazione e la trasformazione degli archetipi”, e, di conseguenza, anche nel rintracciare le fonti che informano un autore, cosa che fa nel caso esemplificativo de Le anime morte. Egli annovera fra i precursori di genere di quest’opera il romanzo picaresco, sottolineando che il pícaro, a sua volta, trae origine dal personaggio arcaico del briccone-trickster mitologico. Così, l’autore spiega il comportamento di Čičikov, un truffatore che è, però, inserito nella società, diversamente dai personaggi picareschi, con cui ha invece in comune la mancanza di una casa e di una famiglia, le sue origini modeste e la bricconaggine imposta dalla necessità, mentre per quanto riguarda il contabile Nozdrev, l’azione assidua del baratto e dello scambio lo avvicina più a un trickster arcaico come il Loki dell’epos scandinavo.
Il libro fornisce approfondite nozioni in merito al folklore di svariate tradizioni che si snodano lungo secoli e chilometri di distanza, utili tanto in qualità di contenuto letterario quanto in qualità di strumento critico per meglio leggere il fenomeno folklorico. Dopo l’accurata analisi delle singole unità narrative, come ad esempio l’evoluzione eroica, vista nell’epos, come nel mito e come nella fiaba, si rintracciano le conclusioni della prima parte preparativa nel XIX secolo russo, come è in questo caso l’eroe-sognatore di Dostoevskij. Il testo, benché sia di portata estremamente ampia, si mostra conciso nel dettato e non perde di accuratezza e chiarezza espositiva, anche grazie all’ampio uso di note a corredo della traduzione che danno ragione delle scelte traduttive e che integrano informazioni non evidenti al lettore occidentale, quali potrebbero essere i personaggi fiabeschi e i racconti popolari russi. Complementarmente, risulta di comoda consultazione la presenza di un indice dei nomi contenente i personaggi delle mitologie meno note, così come lo sono gli aggiornamenti bibliografici che inseriscono le eventuali traduzioni dei testi citati dall’autore e i testi citati dalla traduttrice.
L’opera, fruibile in particolar modo da studiosi ma non per questo priva di spunti di riflessione per il lettore interessato, risulta quindi nella sua completezza un felice connubio di teoria e prassi che permette di acquisire strumenti critici per l’analisi letteraria e di riscoprire nuovi aspetti di una letteratura rigogliosa come quella del grande romanzo ottocentesco.
Salvador Spadaro;
Riferito a
Archetipi letterari
Meletinskij Eleazar Moiseevič, Bonafin Massimo (ed. it. a cura di)
Anno: 2016
Altre recensioni
- 28/05/2020 - La ricerca folklorica - Vedi
- 10/10/2018 - Strumenti critici, Rivista quadrimestrale di cultura e critica letteraria - Vedi
- 08/10/2018 - Letteratura e letterature - Vedi
- 25/10/2017 - Acta fabula - Vedi
- 17/10/2017 - Iris - Vedi
- 02/08/2017 - Enthymema - Vedi