Il cervello e l'era digitale. Una potenza pericolosa
03/08/2017
di Giuseppe Porzi, Corriere Adriatico, 14 luglio 2017

La tecnologia digitale? Una potenza pericolosa, altro che neutra: capace di manipolare l'uomo, renderlo più docile a chi sa accendere la sua reattività e tacitare la sua capacità logica. Nel libro “La scrittura, il cervello e l’era digitale” John Picchione, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Toronto, delinea un futuro più incubo che sogno. Il volume, edito da Eum, le edizioni dell’Università di Macerata, non fa guerra alla modernità ma scava nel rapporto uomo-tecnologie digitali.

La capacità di astrazione
Secondo Picchione queste trasformano la relazione dell’uomo col mondo e modificano la struttura stessa del cervello. Partendo dalla scrittura lo studioso spiega come le civiltà alfabetiche usino sequenze lineari coerenti e il cervello organizzi la realtà secondo logiche visibili nella linea stessa della scrittura. Da questa organizzazione l’uomo attinge la capacità di astrazione, la definizione di sistemi legislativi; lo stesso monoteismo deriva dall’invenzione dell’alfabeto. I media elettronici, al contrario, sfruttano una simultaneità che non gerarchizza e induce una relazione. La simultaneità, la rapidità sgretolano le capacità analitiche e mutano i processi cerebrali.

Il cervello, una struttura
Il cervello, spiega lo studioso, non è una macchina, ma una struttura; la plasticità e la rapidità dei mezzi elettronici non si affidano a sue nuove funzioni o a sue parti diverse, ma lo trasformano biologicamente: di qui i problemi di concentrazione e attenzione dei dipendenti digitali. Come mostrano le risonanze magnetiche, l’attività dei neuroni messe per la prima volta davanti a mezzi elettronici subisce un notevole incremento rispetto a chi è dedito alla lettura, salvo poi declinare subito appena l’attività digitale diventa routine. Tali effetti sono riconosciuti dagli stessi esperti di tecnologie digitali come Linda Stone, che ha lavorato in Apple, secondo la quale la contemporaneità causa disturbi di attenzione e riduce la capacità di eliminare informazioni ridondanti. L’era digitale predispone al multitasking per essere sempre connessi e fa vivere in una perenne allerta, rendendo però incapaci di dedicare tutta l’attenzione a un fatto o a un compito precisi. Quest’ansia da connessione emerge in uno studio del 2014 condotto in varie università tedesche secondo cui gli utenti di Facebook con un alto tasso di assuefazione manifestano una paura del distacco e dell’abbandono.

Disuguaglianza in crescita
Infine, il futuro secondo il libro: le concentrazioni delle grandi società di tecnologie digitali sono avvenute con le logiche capitalistiche del passato, dando l’illusione che l’espansione della connessione corrisponda a una maggiore democrazia. In realtà, negli ultimi 30 anni sono cresciute le disuguaglianze, è calata la partecipazione democratica. A fronte di ciò è aumentato il controllo per motivi di sicurezza; «e il controllo e le strategie di marketing sono diversi dai principi della democrazia», conclude Picchione. Il quale non dà antidoti, ma diagnostica una malattia contro cui è bene conservare una sana, vecchia capacità analitica

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