L’Indice dei Libri del Mese
“Un affievolirsi della democrazia”
di Daniela Saresella, L’Indice dei Libri del Mese, n. 4, Aprile 2017, p. 22
John Picchione, docente di Cultura italiana presso la York University di Toronto, si sofferma sul rapporto tra letteratura e tecnologia elettronica, e sulla cultura del pragmatismo che caratterizza la nostra epoca. Sottolinea soprattutto come le nuove tecnologie abbiano effetti sul sistema neuronale: gli attuali cambiamenti antropologici possono essere compresi solo tenendo conto dell’interiorizzazione delle nuove tecniche e della progressiva marginalizzazione della cultura umanistica.
Picchione pensa che la tecnica "non costruisca strumenti neutrali, ma che fondi i mondi specifici in cui siamo storicamente situati”; la tecnica orienta le nostre percezioni del mondo e, d'accordo con Marshall McLuhan – autore, già negli anni sessanta, del libro The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic Man –, Picchione ritiene che le nuove tecnologie modellino la mente dei contemporanei come l’alfabeto ha plasmato quella dei popoli del passato. Soprattutto i nuovi mezzi tecnologici stanno mettendo in crisi i valori fondanti dell'Occidente che poggiano sulla cultura scritta: infatti le strutture percettive, organizzative e sociali della nostra quotidianità si sono formate all'interno della civiltà della scrittura, ora messa in crisi dai media elettronici.
È un'illusione pensare che si possano controllare tali cambiamenti con un uso intelligente della tecnologia perché, come già sottolineato da Neil Postman (Building a bridge to the Eighteenth century. How the past can improve our foture, 1999), i nuovi mezzi corrodono i processi epistemologici, agendo sul nostro cervello. Picchione avverte come, soprattutto negli ultimi anni, si sia di fronte "a un'accelerazione della temporalità e ad uno spostamento fondamentale dei processi stessi del pensare". La scrittura infatti implica dei processi meditativi e analitici lenti, e l’attività cognitiva richiesta dalla comprensione di un testo male si accorda con la rapidità sensoriale delle nuove tecnologie, lontane dai processi sequenziali, analitici e riflessivi connessi alla lettura.
L’interesse del libro di Picchione deriva anche dalla riflessione più complessiva dell'autore sulla marginalizzazione della cultura umanistica. La crisi dell'umanesimo trova i suoi presupposti negli anni Settanta, con la conclusione di quella che Eric Hobsbawn ha definito "l'età dell'oro" (1947-1973): in quel periodo ebbe inizio un lento declino economico dell'Occidente. Ciò ha avuto ovvie ripercussioni sulla politica e sulla cultura, anche perché le classi dirigenti hanno maturato la convinzione che gli investimenti dovessero essere indirizzati non a rafforzare le ragioni del nostro progetto culturale, ma a legittimare logiche di profitto e di mercato. Il risultato è un progressivo depauperamento della cultura umanistica, delle risorse ad essa destinate, e lo spostamento di attenzione e di fondi verso gli ambiti che hanno una spendibilità sul mercato. Ma, come ha affermato la filosofa statunitense Martha Nussbaum nel suo noto libro del 2010 Not for Profit. Why Democracy needs the Humanities, senza la cultura umanistica non esiste quella problematizzazione del mondo, quella comprensione della realtà, quell'articolazione del pensiero che sono presupposti di ogni società democratica. La scienza, l’economia e il profitto non possono soppiantare i valori e le necessità dell'uomo, la sua ricerca di perché e la complessità della sua Weltanschauung.
Nell'ambito universitario – nota Picchione, analizzando il modello canadese – si è affermata la cosiddetta corporate university: questa accademia, modellata sulle necessità delle aziende e che ha l'obiettivo di favorire sbocchi professionali per i laureati, è incentrata esclusivamente "sulle conoscenze scientifico-tecnologiche". I corsi di materie umanistiche sono destinati a risultare marginali, e ciò proprio quando approdano in università quelle generazioni di giovani che, plasmate dalle nuove tecnologie, denotano un indebolimento cognitivo, delle abilità analitiche e delle competenze concettuali, e avrebbero assoluto bisogno di stimoli e di un apprendimento critico e articolato dei saperi.
Il risultato di questo percorso che l'Occidente sta compiendo, nota Picchione, produce un affievolirsi della democrazia, anche perché la rete è in mano alle grandi corporazioni economiche. Non c'è da stupirsi dunque del dilagare di internazionali ed estese scelte cosiddette populiste: le risposte semplici a problemi complessi non possono che essere conseguenza dello svilimento culturale che vive la società contemporanea, spaesata di fronte ai cambiamenti in atto – un mercato del lavoro sempre più precario a causa dei cambiamenti tecnologici, l'immigrazione, l'affermarsi di nuove potenze economiche eccetera – e assetata di certezze e di approdi definitivi.
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